Anatomia della pubblicità
La troviamo alla TV o in internet, per strada e al cinema, è veloce, emozionate, curiosa e accattivante, a volte la capisci solo alla fine ma sicuramente, anche se non te ne accorgi, ti rimarrà impressa: è la pubblicità.
Se è vero, come sostiene l’esperto di comunicazione Mark Victor Hansen, che il novanta per cento del successo di qualsiasi prodotto sta nella sua promozione e marketing, allora la pubblicità può avere un effetto decisivo nell’influenzare i nostri stili di vita e di consumo.
La pubblicità parla, eccome se ne parla, di problematiche ambientali: dagli spot sull’ultimo modello di smartphone a quelli dell’acqua in bottiglia, dalle automobili all’energia, dal cibo ai vestiti e tanto altro ancora. E allora vi proponiamo un semplice esercizio, magari da fare in classe, che può essere tanto utile per creare consapevolezza, quanto pericoloso per chi deve vendere: l’anatomia degli spot pubblicitari.
Basta selezionare a piacere una decina di spot di un prodotto come ad esempio i nostri amatissimi smartphone, guardarli magari più di una volta, rivedendo, se serve, alcuni passaggi e prendere nota, meglio su una lavagna, di questi aspetti: chi è il protagonista? (donna, uomo, bambino, giovane, anziano…), qual è l’ambientazione? (per strada, in casa, in giardino, in automobile, al mare o in montagna…), che tipo di musica c’è? (classica, rock, hip hop, pop…), a chi si rivolge? (giovani, manager, casalinghe, genitori…), qual è il messaggio promozionale? (l’offerta, la descrizione del prodotto…), che cosa vi suscita? (sorpresa, curiosità, allegria, energia…).
Alla fine, avrete davanti a voi “l’anatomia scritta” dei vostri spot e allora provate a chiedervi: perché sono stati scelti proprio quegli elementi per quelle pubblicità? c’è un elemento di quelli che avete analizzato che può essere eliminato dallo spot senza influire sulla sua efficacia? che cosa avete capito del prodotto? ma soprattutto cosa vendono realmente queste pubblicità?. E allora scoprirete che quegli elementi perfettamente montati nella pubblicità, che ci immergono per pochi secondi una dimensione magari ben lontana dal reale, in realtà non servono per descrivere i prodotti ma per vendere le emozioni, le storie, la magia che potremo provare solo con quel prodotto che non possediamo ancora. Come dice Serge Latouche, forse la pubblicità è un mezzo studiato per renderci scontenti di ciò che abbiamo e farci desiderare ciò che non abbiamo. Eppure ci piace un sacco.